martedì 20 novembre 2012

Capitolo 31 (di Giordano Efrodini)



Admiral City,
Periferia
Mezzanotte

Ovunque guardasse era un Natale di Cenere, ogni cosa era coperta di polvere bianca, lei inclusa. Gli abiti a brandelli, la pelle e i capelli, si posava ovunque impastandosi come pittura sul suo corpo, mescolandosi al sangue, al sudore e alla saliva.
Leccò e divorò e leccò ancora, mai sazia di quella manna dopo il lungo digiuno. Poi la polvere iniziò a parlare. Isabelle. Il retrogusto della Teleforce le sfiorò la mente. Isabelle. Ammit scosse il capo allontanando l’eco fastidiosa. Isabelle, ripeteva quel ronzio, e ogni boccone aveva il sapore insistente di una debole lucidità.

A distanza di sicurezza, Reb teneva sotto tiro la first lady impegnata a consumare il suo pasto a quattro zampe, lappando il terreno come una cagna affamata. Tutti i suoi colpi erano andati a segno ma le pallottole erano state espulse dal corpo, e quando uscirono Isabelle leccò pure quelle per non sprecare nulla. Stava riacquistando le forze a vista d’occhio. I segni delle costole svanivano, le membra di rafforzavano.
«Ragazza mia, sembri uscita da un’edizione da incubo del National Geographic», mormorò fra sé.
L’aspetto di Isabelle Ghaly era selvaggio e ben lungi dall’essere di qualche attrattiva per chiunque non bazzicasse le soglie della depravazione, ma il veterano non ne stava valutando l’avvenenza. Massa corporea, tono muscolare, tensione nervosa e movimenti sempre più sicuri. Questo lo preoccupava, specie dopo averla vista sopravvivere a tutti quei proiettili. Prese il cellulare, serviva aiuto.

In fine riconobbe i suoi nomi, li ricordò entrambi. Isabelle, Ammit. Prima quello che le sussurrava la memoria, il nome della donna, poi quello della bestia. Il nome che li faceva puzzare di paura tutti quanti, rendendo acre il loro sudore, alimentando la sua fame. Qualcosa in quell’ancora torbida lucidità gliene portò un terzo, uno che non usava da molto, molto tempo. Belle. Lui la chiamava Belle nei momenti di tenerezza, prima di farne la sua schiava. Wael. Suo marito doveva morire. Lo giurò a se stessa, alzandosi tra la polvere. Prima però doveva nutrirsi, così Ammit espanse i suoi sensi da predatrice, cercò la Teleforce nell’aria chiamandola a sé, sentì l’energia accarezzarle la pelle e venirne assorbita come non era mai successo prima, riuscì a evocarla persino dal terreno diventando più forte a ogni passo. Ne avvertì il flusso come se fosse immersa in una corrente, vedendola come una mappa, percependo punti di potere che erano altri simili a lei, e agitandola scoprì di poterla manipolare fino a individuarne la fonte. Sorrise.

Reb finì di dettare istruzioni al telefono, poi sudò freddo. L’aria intorno a Isabelle si comportava in modo strano, come un miraggio su strade troppo assolate. Una corrente statica gli sollevò i peli sulle braccia e sentì pizzicare i capelli sulla nuca. La comunicazione si interruppe, poi la vide. L’aria che ribolliva intorno al corpo di Ammit formò una sagoma enorme e accucciata, pronta al balzo. L’ombra della sua omonima dietro la bilancia di Anubis non poteva essere meno spaventosa quando scattò.

Tetti di Admiral City,
23 aprile 2013
Ore 00.05 A.M.

La Teleforce si disperdeva nell’aria da una fonte sempre più vicina, ormai era ovunque, persino nell’aria che stava cavalcando, balzando da un tetto all’altro come il nucleo di una cellula mostruosa. Seguì l’usta della preda che porta con sé il sapore della carne e del sangue. Ammit procedeva nutrendosene nella sua avanzata, come una balena che attraversa il plancton.
Qualcosa aveva sconvolto i cieli di quel luogo permettendole di percepire tutti i Super, consentendo al suo potere di crescere e chiamandola a sé come un faro. Era l’energia stessa a venirle incontro promanando dall’occhio del ciclone. Prima debole, poi sempre più forte, la chiamava a sé come le acque che insegnano ai salmoni il ritorno a casa. Ammit la percepiva e desiderava. La fame stessa aveva permesso quel balzo, acquistando una forma e ghermendo il centro di quel potere per scagliarla verso la meta con un effetto fionda. Il suo corpo era dentro e fuori di lei, controllava quell’energia come un’aura, un arto fantasma, il corpo fantasma della Divoratrice.

Admiral City
Attico del Crowne Plaza
23 aprile 2013
Ore 00.07 A.M.

Finalmente Tito Salazar era un Dio.
Suo padre, quel bastardo arrogante, un insetto.
Tutti erano insetti.
In sé aveva tanta Teleforce da fare di tutti loro quel che avrebbe voluto, e pigramente si domandò la portata di quei poteri che si sarebbe divertito a scoprire uno a uno. Cullando quel pensiero si concesse una gran risata malevola pur riconoscendone il cliché, ma dopotutto non c’era nessuno a guardarlo e fare la spia. Tuttavia l’istante in cui lo formulò, quello stesso pensiero gli diede torto.
La parete a vetri dell’attico esplose e una donna dall’aspetto selvaggio si posò davanti a lui con la grazia di un uccello. I capelli ondeggiarono come se galleggiasse all’interno di un acquario. No, e la forma di una creatura mostruosa e gigantesca, dalla pelle cangiante. La luce del Flare si rifletteva sulla superficie di quel… – Cosa? Un campo di forza, probabilmente – rivelando l’aspetto composito della bestia dalla quale Isabelle Ghaly, irriconoscibile, aveva preso
il suo nome di battaglia.

Isabelle sgranò gli occhi e sorrise fino al deformarsi dei lineamenti.
Se fosse stata una bambina in pasticceria avrebbe battuto le mani saltellato in preda all’eccitazione, ma era una forza della natura affamata, e così non fece complimenti. Spalancò le braccia attirando a sé l’energia, ma Tito la teneva ben salda sebbene gli sembrasse di lottare contro un Buco Nero. Ecco, questo – intuì Tito – era il vero potere di Ammit, era una sorta di Buco Nero affamato di Teleforce, lo era sempre stata.
Frustrata dalla resistenza dell’avversario, Isabelle lanciò un grido, quindi alzò una mano con grazia per poi calarla con forza. In risposta al suo gesto l’aura di Ammit inchiodò Tito Salazar al suolo con una zampata, ma il potere accumulato dall’uomo gli permise di respingerla, o per lo meno di resistere.
In quelle condizioni Salazar aveva tutta l’aria di uno scarafaggio molto cocciuto sotto uno stivale determinato a schiacciarlo, così rimasero intrappolati nel frustrante braccio di ferro opponendo potere a potere, la pressione esercitata da Ammit da una parte e l’energia del Flare dall’altra. Fu solo nel momento in cui vide Isabelle avanzare attraverso l’aura di Ammit, come un pesce intento a raggiunge l’orlo dello stagno, che capì. Non c’era nessuno stallo. I suoi movimenti erano fluidi, morbidi. Tenerlo inchiodato non le costava nessuno sforzo. Il suo potere stava già passando in lei attraverso la pelle del mostro, e il mostro aveva giocato al gatto col topo fin dal
principio.
Quando Isabelle gli fu sopra a cavalcioni, scrutandolo a un palmo dal viso, anche il muso della bestia lo fissò. Allora Tito chiuse gli occhi stretti stretti, come non faceva più da molto tempo, quando era un bambino e temeva i mostri nel buio.
L’istante in cui iniziò a divorarlo le grida presero il posto di singhiozzi infantili, poi si fece via via silenzio e il Flare passò nel suo corpo, dolce come manna nel deserto.
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18 commenti:

  1. Ottimo! Un altra sottotrama chiisa brillantemente!

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  2. Giordano, sei un mito. Ottimo, davvero ottimo. Strada spianata per l’apocalisse finale.

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    1. Non è Apocalisse senza una bestia che sale da qualche parte. XD

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  3. Ottimo, una nuova trama chiusa. Ora manca davvero poco per il gran finale. :D

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  4. Signori e signore, ecco a voi... Giordano! [Pubblico in visibilio e standing ovation]

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  5. Grazie a tutti, mi sono divertito a scriverlo e sono contento che abbiate apprezzato. :D Adesso ho addosso una curiosità esagerata per i prossimi sviluppi!

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  6. Molto bella la morte di Tito, bravo Giordano! E Ammit vien fuori sempre meglio!

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  7. Ottimo, grandissimo capitolo!
    Ci si avvia alla fine...:D

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  8. Tito ha fatto la fine che meritava, più in alto sali...
    Ora bisogna vedere come si ferma, 'sta tizia. O forse non si fermerà se non con la fine di tutti i super?

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  9. Grande Giordano, sei diventato il mio mito!
    Un capitolo perfetto, reso magistralmente e che rende benissimo l'idea della brutalità di Ammit.
    Unico problema: chi la ferma questa qui?...

    Prevedo fuochi d'artificio per il finale...

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    1. Grazie, Paolo! Sono curioso anche io di vedere chi e come inventerà un modo per fermarla, anche se un'idea su chi mettere sulla sua strada ce l'avrei ma staremo a vedere. E se non ci riuscisse nessuno? Anche quella è un'alternativa possibile, sta a vedere come viene giocata.

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  10. Orca loca! Grande! Si preannunciano scenari apocalittici!
    Il Moro

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  11. In ritardissimo il commento... Spettacolare! Il capitolo più bello letto fino ad ora! E dire che anche gli altri sono roba forte... Grande!

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  12. Bellissima la morte di Tito, bravo!
    Certo ora sarà davvero molto interessante vedere cosa succede.
    Siamo a 2 capitoli dalla fine e ancora è tutto imprevedibile!

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